IL MATTINO 19/03/2006
C’è la dichiarazione di fede azzurra (curva A, formato gigante) e c’è quella d’amore, indirizzata a Francesca («È ’a meglio», scrive l’anonimo pretendente) oppure a Deborah (con tre punti esclamativi); c’è il messaggio che consacra la coppia (scelti a caso nel mucchio: Rosanna & Roberto) e quello che non risparmia insulti al partner infedele (l’esempio si omette). Molti ragazzi napoletani, e probabilmente anche parecchi turisti, non hanno saputo resistere alla tentazione del muro bianco e l’hanno personalizzato con il pennarello. Quel muro, adesso, è un grande libro di sogni e di passioni scritti a lettere fitte sulla pietra di Trani. Peccato che sia un’opera d’arte, a firma Sol LeWitt, e che sia stato scelto come installazione-simbolo del Natale in piazza del Plebiscito. Ma l’offesa non si limita al disegno creativo sulle pareti esterne della recinzione. Ventitré metri di base e tre di altezza, la struttura a perimetro quadrangolare sarebbe in teoria inaccessibile per i visitatori. Questo non impedisce, però, che anche dentro accada qualcosa di spiacevole. Rifiuti, cartacce, bottiglie, lattine, qualche coperta, cubetti staccati dal muro per divertimento, i segni del tentativo di disfarsi della spazzatura con il fuoco, un cattivo odore che lascia intendere quale sia stato l’uso più frequente dell’installazione. Destino non molto diverso da quello della spirale di Richard Serra (2004), pure questa trasformata in servizio igienico pubblico, salutata dai turisti con una smorfia di stupore o di disgusto, rispedita a New York dopo una bonifica radicale che costringeva gli operai a coprirsi il volto con la mascherina e a commentare, scandalizzati: «Mai vista tanta sporcizia». Il segnale d’allarme per l’opera di LeWitt viene lanciato da Michelle Saffioti, presidente dell’associazione Legambiente-Neapolis 2000: «Tanto per cominciare, ancora non sappiamo quando verrà smontata e che fine farà. Ma questo è l’ultimo dei problemi. Come è già accaduto in passato ad altre installazioni, anche stavolta il monumento d’arte contemporanea viene abbandonato al suo destino. L’utilizzo in piazza crea certamente una fruizione più ”libera” e aumenta il rischio del vandalismo. Questo, però, non solleva la pubblica amministrazione dal suo dovere di prendersene cura. Sarebbe stato giusto, per esempio, garantire un buon servizio di spazzamento e rimozione dei rifiuti all’interno della struttura: cosa che non mi pare accada molto spesso. Così come sarebbe stato giusto predisporre qualche accorgimento per evitare che fosse la semplice ignoranza, e non la volontà di far danni, a provocare lo scempio. A parte le bandiere sistemate sotto il colonnato, in piazza non c’è un segnale a indicare con chiarezza che il grande muro bianco è un’opera d’arte da ammirare e da rispettare. Cosa sarebbe costato, poi, organizzare un turno di guide turistiche almeno per il weekend? Il ”cicerone” avrebbe potuto mettere napoletani e visitatori sulla strada di un approccio corretto con l’installazione. Spiegarla, dunque, ma anche tutelarla».
Paola Perez
(Sud Foto A. Garofalo)